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- Il CPT denuncia maltrattamenti fisici e uso eccessivo della forza.
- Psicofarmaci non prescritti somministrati, come nel CPR di Potenza, dove è deceduto un 19enne.
- Estensione detenzione a 18 mesi aggrava la situazione nei CPR.
I Centri per il Rimpatrio (CPR) italiani sono finiti sotto la lente d’ingrandimento del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), rivelando una situazione allarmante che solleva gravi preoccupazioni sui diritti umani e sulla dignità delle persone migranti trattenute. Le ispezioni condotte nell’aprile del 2024 in quattro CPR situati a Milano, Gradisca, Potenza e Roma hanno portato alla luce pratiche inaccettabili, che richiamano alla mente le condizioni di detenzione riservate ai criminali sottoposti al regime del 41-bis.
Condizioni Inumane e Trattamenti Degradanti
Il rapporto del CPT dipinge un quadro desolante, caratterizzato da maltrattamenti fisici, uso eccessivo della forza per sedare i disordini e, soprattutto, dalla somministrazione di psicofarmaci non prescritti diluiti in acqua. Questa pratica, documentata nel CPR di Palazzo San Gervasio a Potenza, dove nell’agosto precedente era deceduto un giovane algerino di 19 anni, solleva interrogativi inquietanti sull’etica e sulla legalità delle procedure mediche adottate all’interno dei centri.
L’ambiente carcerario dei CPR è ulteriormente aggravato da strutture fatiscenti, con schermi a tripla rete metallica sulle finestre e strutture esterne simili a gabbie. La scarsa qualità del cibo fornito ai detenuti e la carenza di articoli da toilette contribuiscono a creare un clima di degrado e disumanizzazione. L’assegnazione di squadre antisommossa e di intervento alla sorveglianza ordinaria dei reclusi è giudicata “non appropriata” dal CPT, in quanto incrementa le tensioni e accresce la possibilità di abusi.

Inefficacia e Mancanza di Attività Propositive
Il CPT critica aspramente la gestione dei CPR, evidenziando come le società vincitrici degli appalti abbiano investito solo sforzi minimi per offrire attività di natura propositiva, disattendendo i termini delle gare d’appalto. Di fatto, i cittadini stranieri vengono “immagazzinati” nelle strutture, senza alcuna prospettiva di reinserimento sociale o di miglioramento delle loro condizioni.
L’estensione del periodo massimo di detenzione da tre a diciotto mesi, imposta dal governo, aggrava ulteriormente la situazione, rendendo ancora più urgente l’introduzione di una gamma completa di attività utili per le persone migranti. Stando al CPT, l’elevata incidenza di eventi problematici e di violenze all’interno dei CPR è una conseguenza diretta delle eccessive limitazioni alla sicurezza, dell’omessa valutazione individuale dei rischi dei migranti e della mancanza di opportunità per gli individui reclusi di impegnare il proprio tempo in maniera costruttiva.
Anche l’assistenza sanitaria e legale sono oggetto di critiche. L’attuale sistema di certificazione dell’idoneità detentiva da parte dei medici generici è considerato inadeguato, in quanto non garantisce il coinvolgimento di medici con esperienza e conoscenza delle condizioni di un ambiente sicuro. Lo screening medico delle persone detenute al momento del loro ingresso deve essere migliorato, così come l’accesso alle garanzie legali e a un avvocato.
Il Modello Italiano in Discussione
Le criticità riscontrate nei CPR italiani mettono in discussione l’applicazione di tale modello in un contesto extraterritoriale, come in Albania, dove il governo Meloni ha deciso di investire oltre mezzo miliardo di euro in cinque anni. Le condizioni materiali deplorevoli, la totale assenza di programmi strutturati, un’enfasi sproporzionata sulla sicurezza, la disomogenea qualità delle cure mediche e l’opacità nella conduzione dei CPR da parte di ditte private, suscitano forti perplessità circa la praticabilità e la liceità di questo progetto.
Il governo italiano ha replicato alle accuse del CPT, fornendo prove e controprove sulla gestione dei CPR e garantendo il rispetto dei diritti umani delle persone migranti nei centri di identificazione e di trattenimento di Shengjin e Gjader, in Albania. Tuttavia, le criticità sollevate dal CPT restano gravi e richiedono un intervento urgente per garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone migranti trattenute nei CPR.
Verso un Sistema di Accoglienza più Umano e Dignitoso
La situazione dei CPR italiani è un campanello d’allarme che non può essere ignorato. È necessario un cambio di paradigma, che metta al centro la dignità e i diritti umani delle persone migranti. È fondamentale superare la logica della detenzione come strumento di controllo e repressione, e promuovere un sistema di accoglienza basato sull’integrazione, sull’inclusione sociale e sul rispetto delle diversità culturali.
È necessario investire in attività di mediazione culturale, di orientamento legale e di supporto psicologico, per aiutare le persone migranti a superare i traumi subiti e a costruire un futuro migliore. È necessario garantire l’accesso all’istruzione, al lavoro e alla formazione professionale, per favorire l’autonomia e l’indipendenza economica. È necessario promuovere la partecipazione attiva delle persone migranti alla vita sociale e politica delle comunità locali, per contrastare i pregiudizi e le discriminazioni.
Solo attraverso un approccio olistico e multidimensionale sarà possibile costruire un sistema di accoglienza più umano e dignitoso, che rispetti i diritti fondamentali delle persone migranti e contribuisca alla costruzione di una società più giusta e inclusiva.
Riflessioni Conclusive: Oltre la Detenzione, Verso l’Umanità
La vicenda dei CPR ci pone di fronte a interrogativi profondi sulla nostra società e sui valori che la guidano. Siamo davvero disposti a sacrificare la dignità umana sull’altare della sicurezza e del controllo? Possiamo davvero tollerare che persone vengano trattate come numeri, private della loro identità e dei loro diritti fondamentali?
Una nozione base di psicologia cognitiva ci ricorda che la percezione e il trattamento che riserviamo agli altri influenzano profondamente la loro autostima e il loro comportamento. Trattare le persone migranti come criminali o come un peso per la società non farà altro che alimentare la loro marginalizzazione e il loro risentimento.
Una nozione avanzata di psicologia comportamentale ci suggerisce che, per modificare i comportamenti indesiderati, è necessario agire sulle cause profonde del problema, piuttosto che limitarsi a reprimere i sintomi. Invece di concentrarci sulla detenzione e sulla repressione, dovremmo investire in politiche di integrazione e di inclusione sociale, che offrano alle persone migranti opportunità di lavoro, di istruzione e di partecipazione alla vita sociale.
È tempo di superare la paura e l’indifferenza, e di riscoprire il valore dell’umanità. Solo così potremo costruire una società più giusta e inclusiva, in cui ogni persona, indipendentemente dalla sua origine o dal suo status giuridico, possa vivere una vita dignitosa e realizzare il proprio potenziale.
- Pagina ufficiale del Comitato per la prevenzione della tortura (CPT).
- Pagina del Ministero dell'Interno sui centri per l'immigrazione in Italia.
- Direttiva del Ministero dell'Interno sui criteri organizzativi dei Centri di Permanenza Rimpatri.
- Rapporto completo del CPT sulla visita in Italia nel 2024, fonte primaria.