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- Registrato un aumento del 17,9% delle denunce di malattie professionali legate ai disturbi psichici nel primo trimestre del 2024.
- Circa il 82,9% dei lavoratori sottoposti a test di screening risultano a rischio burnout, con il 61,6% a rischio elevato.
- Le donne rappresentano il 66,3% delle persone che cercano supporto psicologico per problemi lavorativi.
Negli ultimi anni, il mondo del lavoro è stato teatro di un fenomeno tanto insidioso quanto crescente: il burnout. Originariamente studiato da Herbert J. Freudenberger negli anni ’70, il burnout è oggi riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una sindrome derivante da stress lavorativo cronico non gestito efficacemente. Questo stato di esaurimento energetico, disconnessione dal lavoro e riduzione dell?efficacia lavorativa sta spingendo sempre più professionisti a una crisi di salute mentale a livello globale. La pressione incessante di raggiungere elevati livelli di produttività ha creato un ambiente che favorisce questo fenomeno, con poche risorse disponibili per mitigarne gli effetti.
In Italia, il fenomeno sta raggiungendo proporzioni allarmanti. Nel primo trimestre del 2024, sono state registrate più di 22.000 denunce di malattie professionali legate ai disturbi psichici, segnando un drastico aumento del 17,9% rispetto all’anno precedente. Questo incremento non è solo una questione di numeri, ma un segnale chiaro della crescente pressione che i lavoratori sentono per performare oltre i propri limiti naturali.
Le storie di vita reale abbondano. Consideriamo, ad esempio, il caso di Giulia, un’infermiera ventottenne di Milano che, nonostante una dedizione incondizionata alla sua professione, ha dovuto richiedere un congedo per esaurimento nervoso. Con giornate lavorative che si estendono ben oltre le ore standard e continue turnazioni notturne, Giulia si è trovata rapidamente intrappolata in un ciclo di stanchezza cronica e crescente disillusione verso un lavoro che una volta considerava la sua vocazione. Questo caso non è isolato. Molti professionisti della sanità, dell’insegnamento e dell’assistenza sociale, settori particolarmente esposti al rischio di burnout, vivono esperienze simili, evidenziando una tendenza preoccupante.
le dimensioni del burnout: una crisi nascosta
Il burnout si manifesta con sintomi ben definiti: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e una sensazione di ridotta realizzazione personale. Queste tre dimensioni, quando ignorate, compromettono non solo l’efficacia lavorativa ma anche la salute mentale complessiva dell’individuo. Molti lavoratori italiani, circa l’82,9% di quelli che si sottopongono a test di screening gratuiti, sono a rischio di burnout. Tra questi, il 61,6% affronta un rischio elevato, mentre il 21,3% ne subisce forme moderate.
Le donne sembrano particolarmente colpite, rappresentando il 66,3% delle persone che cercano supporto psicologico per problemi legati al lavoro. Questa tendenza può riflettere non solo le responsabilità lavorative, ma anche le sfide aggiuntive della gestione del lavoro domestico e familiare. Anche i giovani sono vulnerabili: il 62,9% delle richieste di supporto proviene da persone tra i 25 e i 34 anni. Questo suggerisce che l’entrata nel mondo del lavoro può innescare una fragilità emotiva, forse dovuta a un disallineamento tra le aspettative lavorative e la realtà incontrata.
I dati geografici rivelano che le città più industrializzate come Milano e Roma vedono le maggiori percentuali di richieste di aiuto, ciò potrebbe essere correlato alla cultura lavorativa predominante che spinge verso ritmi sempre più intensi e un controllo limitato sul proprio tempo e lavoro.
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strategie di prevenzione e gestione del burnout
Prevenire e gestire il burnout richiede una combinazione di interventi mirati sia a livello individuale che organizzativo. Gli esperti indicano che la chiave per contrastare questo fenomeno risiede nell?adozione di approcci olistici che incorporino tecniche di gestione dello stress per il singolo e interi programmi di miglioramento del benessere mentale sul posto di lavoro. La prevenzione operativa primaria si concentra sull?adozione di misure atte a prevenire lo stress prima che si manifesti. Attraverso la formazione e la selezione mirate, i lavoratori possono essere preparati ad affrontare le sfide lavorative con maggiore resilienza e competenze adeguate.
A livello secondario, i lavoratori possono beneficiare di interventi che promuovano il benessere continuativo, attraverso attività di rilassamento, meditazione e programmi di attività fisica. L’incorporazione della terapia cognitivo-comportamentale nel contesto lavorativo si è dimostrata efficace per aiutare i dipendenti a ristrutturare le percezioni negative e sviluppare uno stile di vita lavorativo più equilibrato.
Infine, gli interventi terziari si rivolgono a coloro che già vivono livelli elevati di stress, fornendo loro risorse come programmi di assistenza ai dipendenti che offrono consulenze e supporto per il recupero e la gestione dello stress.
verso un cambiamento culturale
La risoluzione del problema del burnout non può essere lasciata alle sole iniziative individuali o aziendali. È imperativo un cambio di paradigma culturale, che consideri la salute mentale una priorità al pari della produttività. La creazione di ambienti di lavoro che valorizzino l’equilibrio tra vita professionale e personale è fondamentale per mitigare il rischio di burnout.
La psicologia cognitiva ci insegna che il modo in cui interpretiamo e reagiamo agli stressori lavorativi influisce profondamente sul nostro benessere psicologico. Il riconoscimento delle nostre percezioni, e la modifica delle stesse verso un modello più realistico e ottimista, possono ridurre significativamente l’impatto del burnout. Eppure non basta solo la consapevolezza personale. La psicologia comportamentale ci suggerisce che le abitudini collettive, influenzate dall’ambiente e dalle strutture organizzative, giocano un ruolo cruciale nel plasmare le risposte individuali allo stress. Una cultura aziendale che incentiva comportamenti salutari e offre supporto pratico può trasformarsi in un potente strumento nella prevenzione del burnout.
Riflettendo su questi concetti, è evidente che il dialogo sulla salute mentale deve estendersi oltre le mura degli uffici per abbracciare una comprensione più olistica del benessere umano. Ci invita a riflettere non solo su come lavoriamo, ma su perché lavoriamo: per scoprire quei valori fondamentali che possono guidare una vita professionale non solo produttiva ma profondamente soddisfacente.